lunedì 27 febbraio 2012

15° CONGRESSO INTERNAZIONALE di Medicina e Chirurgia Estetica


Nei giorni 24-25-26 Febbraio 2012 il Dr. Notarrigo 
ha partecipato al Congresso Internazionale SIES




giovedì 9 febbraio 2012

Dietologo San Lazzaro di Savena ( Bologna)


I fritti fanno sempre male?

Non è esatto che le fritture siano le preparazioni più grasse, né che debbano essere sempre considerate con sospetto o addirittura proibite dalla moderna scienza dell’alimentazione. Questa è la conclusione di uno studio condotto presso l’università di Madrid, dal professor Varela, nell’ambito di una più vasta ricerca promossa da una commissione della comunità Europea che si interessa alle conoscenze scientifiche sull’olio di oliva.
Paragonando la tecnica della frittura con quella della brasatura e della lenta consumazione (stufato), si è visto che la quantità di grassi trattenuta dagli alimenti può risultare minore quando la frittura sia eseguita correttamente; inoltre, il danno termico sulla vitamina C e sulle proteine è meno sensibile nei cibi fritti.
Questi dati sono sorprendenti per il grande pubblico ma non per gli addetti ai lavori che sanno bene, ormai da diversi anni, che l’olio di oliva si deteriora alle alte temperature di cottura meno degli altri grassi commestibili.
La pubblicità, forzando sulla capacità di alcuni oli di semi di ridurre la colesterolemia, ha cercato di anteporli all’olio di oliva anche nelle fritture. E’ nato così il mito delle fritture leggere con l’esaltazione di particolari oli di semi che, proprio per l’eccessiva insaturazione, risultano invece più deteriorabili alle alte temperature, rispetto all’olio di arachide e all’olio di oliva, specialmente quando vengono incautamente riutilizzati per più di una frittura.
Gli studi sperimentali degli ultimi anni hanno riconfermato non soltanto la superiorità dell’olio di oliva per l’impiego a caldo (per i condimenti a crudo né i buongustai né i dietologi hanno accettato seriamente la possibilità di un’alternativa) ma perfino la sua intercambiabilità con i troppo reclamizzati oli di semi ai fini della prevenzione dell’ipercolesterolemia.  Anzi le sperimentazioni condotte da alcuni ricercatori americani (in particolare dal professor Scott Grundy, responsabile del centro studi sulla nutrizione di Dallas, nel Texas) e più volte riconfermate da altri ricercatori, hanno dimostrato che l’olio di oliva riduce il colesterolo totale poco meno degli oli di semi , ma con l’enorme vantaggio di proteggere meglio la frazione HDL, cioè il cosidetto  “colesterolo buono”. Per quanto riguarda la digeribilità delle fritture è evidente che non si può accomunare una frittura casalinga, realizzata con olio di oliva o di arachidi, con certe fritture di rosticceria dove  l’olio (e quale olio!) viene rabboccato molte volte prima di essere rinnovato.
Se proprio si vuole riutilizzare l’olio delle fritture  bisognerebbe almeno filtrarlo, perché le particelle degli alimenti rimaste in sospensione nell’olio facilitano L’irrancidimento e costituiscono dei punti di surriscaldamento nella successiva frittura.
Le fritture casalinghe se ben cotte, assorbono non più del 10% di grasso, rispetto al peso iniziale degli alimenti posti a friggere. Però è anche vero che certe confezioni industriali, come patatine “chips” possono trattenere fino a un 40% di grasso.


  •   Nelle fritture ben fatte gli alimenti devono essere immersi nell’olio di frittura a piccoli pezzi (non più di un paio di centimetri di spessore); inoltre bisogna evitare sia le temperature inferiori a 170°: sia il surriscaldamento eccessivo, utilizzando di preferenza una friggitrice elettrica dotata di termostato.
  • Una temperatura ottimale dell’olio di frittura consente alle componenti proteiche ed amidacee dell’alimento (o alla pastella o al pangrattato quando si tratti di alimenti privi di amido, come carni o pesci) la formazione immediata di una crosta.
  •  E’ proprio questa crosta che darà alla frittura la croccantezza evitando, inoltre, un eccessivo assorbimento di grassi.
  •  Una volta terminata la cottura non bisogna tralasciare la saggia usanza di far riposare il fritto, rivoltandolo da tutti i lati, su una carta assorbente; ciò accontenterà sia il gastronomo che il dietologo.



giovedì 2 febbraio 2012

Trattamento delle rughe con Botulino a BOLOGNA


Il Dr. NOTARRIGO
ha completato il Corso di

SIES DAY 2011

LA TOSSINA BOTULINICA 
INJECTION LIVE SESSION




Medicina Estetica Repubblica di San Marino


Il Dr. Notarrigo ha partecipato alla 

"Tavola rotonda: GRAVIDANZA cosa fare e cosa non fare"

con la relazione "Icoone in gravidanza"
nell'ambito del Master di Medicina Estetica e Chirurgia Estetica organizzato dal Dipartimento di Studi Biomedici.




Dietologo San Lazzaro di Savena (BOLOGNA)


 Uova SI, uova NO?

L’uomo deve molto alle uova. Soprattutto quando l’approvvigionamento dei cibi proteici è stato più difficile e saltuario, le uova hanno rappresentato una risorsa preziosa e non soltanto una piacevolezza gastronomica.
L’organismo umano utilizza le proteine dell’uovo particolarmente bene, al punto che la proteina dell’uovo è stata adottata dai nutrizionisti come standard ottimale di riferimento, proprio per  la completezza e l’equilibrio degli aminoacidi che la compongono.
Personalmente prescrivo qualche frittata ripiena di verdure anche agli obesi e perfino agli ipercolesterolemici, ma con l’avvertenza di usare un solo tuorlo e due albumi, in un tegamino antiaderente dove, per la frittura, può bastare un solo cucchiaino di olio o meglio ancora di latte. Malgrado gli indubbi pregi nutrizionali si è consolidata in Italia, attorno alle uova, una serie di dicerie e di pregiudizi che hanno avuto ripercussioni negative sul loro consumo. Perfino l’aspetto igienico ha rappresentato un motivo di apprensione, certamente accentuato dal frastuono della stampa a corto di notizie sensazionali.
E’ inevitabile che gli alimenti più ricchi di proteine siano anche i più apprezzati dai microbi, perché offrono il necessario substrato alla loro moltiplicazione; una salmonella si riproduce a meraviglia sulla crema o su una frittata esposta su un antigienico tavolo di antipasti, sulla carne tritata o sui frutti di mare, ma assai peggio su frutta e verdure o su una crosta di pane.
Sta all’uomo tutelare il suo patrimonio nutritivo con le dovute garanzie igieniche.
L’equivoco principale nasce dal fatto che il tuorlo d’uovo ha il pregio (non il demerito) di far contrarre la cistifellea, cioè la stazione di deposito della bile.
La bile, che è il prodotto di scarto del lavoro metabolico del fegato, come tale deve essere allontanata per liberarsene non c’è niente di meglio che inviarla all’intestino dove, nel segno della collaborazione e dell’autonomia, può contribuire a migliorare la digestione dei grassi e può stimolare la peristalsi.
Così stando le cose, l’uovo provoca anche una salutare ginnastica biliare, evitando quel ristagno che nell’organismo non è mai foriero di nuove cose.
Nel caso specifico della cistifellea, il ristagno può favorire anche la sedimentazione e la partecipazione, in forma di calcoli, dei Sali e del colesterolo presenti nella bile.
Se fino a questo punto spettano all’uovo soltanto dei meriti, anche per la collaborazione del buon funzionamento del meccanismo digestivo, la situazione si capovolge – non certo per colpa delle uova – quando esistono dei calcoli biliari. La contrazione della cistifellea, stimolata dal tuorlo d’uovo, diventa un processo doloroso in presenza di un calcolo e può tramutarsi occasionalmente nella classica colica biliare.
Occorre poi considerare il fatto che se, in attesa dell’operazione (ma ormai i calcoli si frammentano con particolari onde o si rimuovono con sonde ottiche), il medico o il chirurgo avevano giustamente sconsigliato al paziente l’uso delle uova, gli stessi non devono dimenticare di informarlo che, dopo l’eliminazione del calcolo, egli potrà riprendere a mangiare le uova anche se con moderazione.


mercoledì 1 febbraio 2012

MASTER MEDICINA ESTETICA PARMA

 
 
 
Le lezioni del Dr. NOTARRIGO effettuate Sabato 28 Gennaio 2012 presso l'Ospedale Maggiore di Parma
hanno avuto come argomento 

la VISITA DI MEDICINA ESTETICA ed 
il MARKETING MANAGEMENT IN MEDICINA ESTETICA.