giovedì 2 febbraio 2012

Dietologo San Lazzaro di Savena (BOLOGNA)


 Uova SI, uova NO?

L’uomo deve molto alle uova. Soprattutto quando l’approvvigionamento dei cibi proteici è stato più difficile e saltuario, le uova hanno rappresentato una risorsa preziosa e non soltanto una piacevolezza gastronomica.
L’organismo umano utilizza le proteine dell’uovo particolarmente bene, al punto che la proteina dell’uovo è stata adottata dai nutrizionisti come standard ottimale di riferimento, proprio per  la completezza e l’equilibrio degli aminoacidi che la compongono.
Personalmente prescrivo qualche frittata ripiena di verdure anche agli obesi e perfino agli ipercolesterolemici, ma con l’avvertenza di usare un solo tuorlo e due albumi, in un tegamino antiaderente dove, per la frittura, può bastare un solo cucchiaino di olio o meglio ancora di latte. Malgrado gli indubbi pregi nutrizionali si è consolidata in Italia, attorno alle uova, una serie di dicerie e di pregiudizi che hanno avuto ripercussioni negative sul loro consumo. Perfino l’aspetto igienico ha rappresentato un motivo di apprensione, certamente accentuato dal frastuono della stampa a corto di notizie sensazionali.
E’ inevitabile che gli alimenti più ricchi di proteine siano anche i più apprezzati dai microbi, perché offrono il necessario substrato alla loro moltiplicazione; una salmonella si riproduce a meraviglia sulla crema o su una frittata esposta su un antigienico tavolo di antipasti, sulla carne tritata o sui frutti di mare, ma assai peggio su frutta e verdure o su una crosta di pane.
Sta all’uomo tutelare il suo patrimonio nutritivo con le dovute garanzie igieniche.
L’equivoco principale nasce dal fatto che il tuorlo d’uovo ha il pregio (non il demerito) di far contrarre la cistifellea, cioè la stazione di deposito della bile.
La bile, che è il prodotto di scarto del lavoro metabolico del fegato, come tale deve essere allontanata per liberarsene non c’è niente di meglio che inviarla all’intestino dove, nel segno della collaborazione e dell’autonomia, può contribuire a migliorare la digestione dei grassi e può stimolare la peristalsi.
Così stando le cose, l’uovo provoca anche una salutare ginnastica biliare, evitando quel ristagno che nell’organismo non è mai foriero di nuove cose.
Nel caso specifico della cistifellea, il ristagno può favorire anche la sedimentazione e la partecipazione, in forma di calcoli, dei Sali e del colesterolo presenti nella bile.
Se fino a questo punto spettano all’uovo soltanto dei meriti, anche per la collaborazione del buon funzionamento del meccanismo digestivo, la situazione si capovolge – non certo per colpa delle uova – quando esistono dei calcoli biliari. La contrazione della cistifellea, stimolata dal tuorlo d’uovo, diventa un processo doloroso in presenza di un calcolo e può tramutarsi occasionalmente nella classica colica biliare.
Occorre poi considerare il fatto che se, in attesa dell’operazione (ma ormai i calcoli si frammentano con particolari onde o si rimuovono con sonde ottiche), il medico o il chirurgo avevano giustamente sconsigliato al paziente l’uso delle uova, gli stessi non devono dimenticare di informarlo che, dopo l’eliminazione del calcolo, egli potrà riprendere a mangiare le uova anche se con moderazione.


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